Falso movimento

Laureata per caso in statistica, scrive più o meno da quando ha imparato a leggere. Sempre per caso fa per trent’anni un altro lavoro, ma continua a scrivere. Con questo romanzo organizza il suo disordine e gli dà forma narrativa, ma pensa bene di tenerlo per sè per dieci anni. Poi scopre la pubblicazione indipendente.

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In una Roma sfaccettata e imperturbabile, in cui convivono e si intrecciano politica e finanza, immigrati ed intellettuali, ingenui pacifisti e agitatori di professione, si svolge la vicenda di una giovane manager, Laura, che, allevata nella nursery della finanza milanese e destinata, per “diritto” familiare, a ricoprire incarichi di responsabilità, scardina quasi involontariamente il proprio percorso esistenziale blindato, in seguito all’incontro con un gigolò occasionale, Ian, appassionato di rivoluzioni a tempo perso.
Intorno all’incontro di Laura e Ian, si muove una folta schiera di personaggi, le cui storie incrociate, diverse e pure destinate ad una sconcertante confluenza, costituiscono l’architettura del romanzo.
Alfonso, capo e mentore di Laura, che, pur dotato di un cognome importante, è affetto da un’incontrollabile sindrome da gregario nei confronti del cugino Riccardo, vero erede della dinastia e depositario unico della fiducia familiare; Marina, moglie di Riccardo, con trascorsi universitari di attivista di sinistra, che soffre l’approssimarsi della mezza età e si volta all’indietro per riempire la sua quotidianità disertata dai figli ormai cresciuti; Patrizio, antico compagno di lotte universitarie di Marina, rimasto al palo di un idealismo adolescenziale senza costrutto; Ljuba, la colf clandestina di Marina e Riccardo, che, esasperata dall’ennesima richiesta del marito di rinviare il ritorno a casa e dall’ostinato rifiuto dei suoi datori di lavoro di regolarizzare la sua posizione, compie un gesto di rivolta che condurrà alla deflagrazione comune delle storie di tutti.
Sullo sfondo l’Italia immobile dei nostri anni, con le sue appartenenze politiche nominalistiche e le sue “caste” trasversali, garanti di una conservazione stanca che ha come unico fine il perpetuarsi indisturbato del potere.

(dalla IV di copertina)


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