Le parole e il silenzio

È possibile imparare a pensare a partire da Pierce, Lacan e Heidegger?

L’uomo della nostra epoca ha qualche possibilità, muovendosi all’interno delle due coordinate strutturali del silenzio come nulla e delle parole come chiacchiere, di pronunciare una parola piena e quindi sensata che possa cogliere effettivamente l’essere? Chi pensa, per il sol fatto che pensa, pensa l’essere? Se, però, il pensiero profondo, autentico, meditato, che proviene dall’abisso, dall’Assoluto, dal senza forma, non è dato all’uomo, e in particolare all’uomo di oggi, allora non è possibile un pensiero e quindi non è possibile cogliere l’essere? Le parole sono contrapposte alla Parola, al Logos, come il logos soggettivo al Logos oggettivo di Eraclito, traducendo nel linguaggio di Heidegger: le parole diventano gli enti e il Logos l’essere. Lo scopo e senso della ricerca riguarda il rapporto tra il nostro essere e le parole, come il nostro essere si manifesta con le parole.


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La trasparenza del soggetto in Kant, Hegel, Heidegger e Lacan

Se sul soggetto si è scritto molto, almeno nella seconda metà del ’900, una riflessione articolata, su la trasparenza del soggetto, pur se occasionalmente ha trovato espressione in alcuni autori, manca. Il lavoro qui proposto tenta di riempire tale assenza, ma in modo dialettico, tra presenza e assenza, rispecchiando il gioco infantile, mai sopito, del fort-da. Interrogarsi sulla trasparenza del soggetto rimette in discussione, attraverso un continuo confronto con la psicoanalisi nell’interpretazione che ne da J. Lacan, il problema fondamentale della filosofia moderna. Dove, con trasparenza, s’intende, collocandosi dentro e oltre la prospettiva kantiana, l’analisi della possibilità che il soggetto ha di usare la ragione, il Logos che gli appartiene, il chiedersi, fino a che grado questo sia possibile, e, correlativamente, comprendere il rapporto che si costituisce con l’oggetto, con la realtà e con l’essere.


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